Arazzi Contemporanei
Rem Koolhaas
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Junkspace

ISBN: 9788874621125,

2006,

pp. 132,

120x180 mm,

Quodlibet

€ 13,50 
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«Noi pensiamo che il Junkspace sia un’aberrazione, una soluzione provvisoria, ma è un errore. Il Junkspace è la realtà. Lo ha elaborato il Ventesimo secolo, e il prossimo secolo ne sarà l’apoteosi». – R. K. I tre scritti di Rem Koolhaas, qui riuniti insieme dall’autore su richiesta dell’editore italiano, sono da leggere come il seguito ideale di Delirious New York (1978), l’ormai «classico» manifesto retroattivo per la città di Manhattan. Essi ci offrono una nitida visione delle forze ingovernabili che regolano lo spazio nelle nostre città e che si condensano nel titolo del volume e dell’ultimo, più recente saggio in esso è contenuto: Junkspace, «spazio spazzatura» (2001) – cui preludono due scritti della metà degli anni ’90: Bigness ovvero il problema della Grande Dimensione e La Città Generica. Il rapporto fra storia e identità (fra «destino e carattere», direbbe Benjamin) è qui smascherato crudelmente: «L’identità concepita come questo modo di condividere il passato è un’affermazione perdente: non solo in un modello stabile di continua espansione demografica c’è proporzionalmente sempre meno da condividere, ma la storia stessa possiede una emivita odiosa: più se ne abusa meno si fa significativa, finché i suoi vantaggi depauperati diventano dannosi. Questo assottigliamento viene esasperato dalla massa in costante crescita di turisti, una valanga che, alla ricerca perpetua del “carattere”, macina identità di successo fino a ridurle in polvere senza significato». E la risposta a tutto questo non può essere l’ormai usurato concetto di «non-luogo», ma qualcosa di più vasto. Junkspace è una nuova categoria del pensiero (nuova come il «Terzo paesaggio» di Gilles Clément) che Koolhaas, maestro di similitudini, introduce con lirico cinismo per aprirci gli occhi sullo spazio in cui viviamo, e forse sullo spazio in generale.
«Noi pensiamo che il Junkspace sia un’aberrazione, una soluzione provvisoria, ma è un errore. Il Junkspace è la realtà. Lo ha elaborato il Ventesimo secolo, e il prossimo secolo ne sarà l’apoteosi». – R. K. I tre scritti di Rem Koolhaas, qui riuniti insieme dall’autore su richiesta dell’editore italiano, sono da leggere come il seguito ideale di Delirious New York (1978), l’ormai «classico» manifesto retroattivo per la città di Manhattan. Essi ci offrono una nitida visione delle forze ingovernabili che regolano lo spazio nelle nostre città e che si condensano nel titolo del volume e dell’ultimo, più recente saggio in esso è contenuto: Junkspace, «spazio spazzatura» (2001) – cui preludono due scritti della metà degli anni ’90: Bigness ovvero il problema della Grande Dimensione e La Città Generica. Il rapporto fra storia e identità (fra «destino e carattere», direbbe Benjamin) è qui smascherato crudelmente: «L’identità concepita come questo modo di condividere il passato è un’affermazione perdente: non solo in un modello stabile di continua espansione demografica c’è proporzionalmente sempre meno da condividere, ma la storia stessa possiede una emivita odiosa: più se ne abusa meno si fa significativa, finché i suoi vantaggi depauperati diventano dannosi. Questo assottigliamento viene esasperato dalla massa in costante crescita di turisti, una valanga che, alla ricerca perpetua del “carattere”, macina identità di successo fino a ridurle in polvere senza significato». E la risposta a tutto questo non può essere l’ormai usurato concetto di «non-luogo», ma qualcosa di più vasto. Junkspace è una nuova categoria del pensiero (nuova come il «Terzo paesaggio» di Gilles Clément) che Koolhaas, maestro di similitudini, introduce con lirico cinismo per aprirci gli occhi sullo spazio in cui viviamo, e forse sullo spazio in generale.

ISBN: 9788874621125,

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About the author

Rem Koolhaas (Rotterdam, 1944) si forma come giornalista e sceneggiatore cinematografico in Olanda; dalla fine degli anni Sessanta studia architettura, prima a Londra e poi a New York. Nel 1975 fonda con altri l’Office for Metropolitan Architecture (OMA), e da allora costruisce opere notissime fra cui la Casa da Música di Porto, la Biblioteca di Seattle, la sede della CCTV a Pechino e la Fondazione Prada di Milano. Nel 1995 ha dato vita alla struttura gemella AMO (Architecture Media Organization), un laboratorio di idee nato per indagare le possibilità dell’architettura come attività intellettuale oltre la costruzione. Nel 2000 ha ricevuto il Pritzker Prize e nel 2010 il Leone d’oro alla carriera della 12. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia, che ha poi diretto nel 2014. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo: Delirious New York. Un manifesto retroattivo per Manhattan, a cura di Marco Biraghi (Electa, Milano 2002); con Bruce Mau, S,M,L,XL (The Monacelli Press, New York 1995); Elements of Architecture (Taschen, Köln 2018). Presso Quodlibet sono apparsi Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano, a cura di Gabriele Mastrigli (2006), Singapore Songlines. Ritratto di una metropoli Potemkin... o trent’anni di tabula rasa, a cura di Manfredo di Robilant (2010) e Testi sulla (non più) città a cura di Manuel Orazi (2021).

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